lunedì 24 dicembre 2018

Le due Ashton appena arrivate da Jim Craig Dell’alcol e delle micro-variazioni

Le due Ashton appena arrivate da Jim Craig
Dell’alcol e delle micro-variazioni
Di Antonio Pintér (in duplice veste) e Calogero Rizzo




“Essere menti organizzate e ordinate ha certamente i suoi vantaggi. Talvolta anche non esserlo, però, dà le sue soddisfazioni”.
(Antonio Pintér) 

I

“Mi ci vorrebbe proprio apple in finitura brindle” disse Antonio Magiari con un sospiro, alzandosi dalla sedia, dopo aver finito di vuotare la pipa appena fumata. Il suo sguardo incontrò quello perplesso di Gaetano De Robertis che lo scrutò per qualche istante, dopo aver poggiato il libro che stava leggendo sulle ginocchia, prima di chiedere: “Ma non hai già più di una apple?”
“Si, qualcuna…” disse apparentemente distratto Antonio, volgendosi verso la finestra e fingendo di contemplare l’imbrunire.
“Eccoci di nuovo…” sospirò De Robertis, accingendosi a riprendere la lettura.
“Di nuovo cosa?” si voltò Antonio, con lo sguardo burbero.
“Di nuovo le micro-variazioni”.
“Ti fanno forse schifo le micro-variazioni?” prese a dire il collega con tono risentito, avvicinandosi alla poltrona dell’altro.
“Non è che mi facciano schifo, tutto sommato sono l’essenza del nostro mestiere; però le micro-variazioni delle micro-variazioni mi sembrano un tantino eccessive”, si spiegò Gaetano, rassegnato a una lunga discussione proprio a ridosso della cena.
“Ma se tu stesso hai appena detto che sono l’essenza del nostro lavoro!”
“Sì, l’ho detto, ma come ho sempre aggiunto in passato, se mi farai la grazia di ricordartene, il vizio delle micro-variazioni ti insegue, a dispetto della tua razionale intenzione di allontanartene un po’. Tu sposti sempre il confine di questo allontanamento. Insomma, da chi vorresti fartela fare questa nuova apple in finitura brindle?
“Da Jim Craig” rispose asciutto Antonio, tornato a sedere dietro la scrivania, fingendo di esaminare la pipa appena fumata, alla ricerca di segni di bruciature nel fornello che sapeva già inesistenti.
“Ossignore! Un’altra Ashton? E da Craig poi…” sbottò Gaetano, fingendo di rimettersi a leggere.
“È forse malato Craig? Non è in grado di fare pipe?” sibilò Antonio, alzandosi in piedi e guardando in tralice il collega. 
“Lo sai benissimo come la penso. Le Ashton sono una creazione del compianto Bill Taylor, sarebbe un vero e proprio tradimento farsene fare una da Craig. Chiunque, guardando una Ashton fatta da Taylor può trovare l’impronta caratteriale del creatore; guardando una foratura o una sabbiatura può provare a indovinare lo stato d'animo, e magari talvolta anche la quantità di whisky che aveva bevuto quel giorno il suo autore”, disse infine Gaetano alzandosi in piedi.
“Ma certo, lo so benissimo” prese a dire Antonio sedendosi a sua volta, “come so, che da quando Bill Taylor è morto, ma probabilmente anche da parecchio prima, le operazioni di Ashton sono condotte da Jim Craig”.
“Questi cambi di mano sono sempre delicati e, in questo caso, non riesco a nasconderti il mio enorme scetticismo”.
“Eccolo! Un tayloriano duro e puro mi doveva capitare come collega” disse Antonio con una punta d’ironico disappunto, alzandosi dalla sedia per prendere una pipa.
“Lo hai sempre saputo” crollò nuovamente sulla poltrona Gaetano, definitivamente rassegnato a posticipare la cena.
“Caro collega” prese a dire Antonio avvicinandosi a Gaetano con una pipa in mano “carissimo collega, sapresti tu dirmi se questa pipa l’ha realizzata Taylor o Craig, per caso?”
“Così, su due piedi?” obiettò Gaetano.
“Anche da seduto, se ti riesce” lo prese in giro Antonio offrendogli l’oggetto del disputare. “Se ci riesci stasera la pago io la cena”.
“Ma che storie! È ovvio che se ti dico che l’ha fatta uno, mi risponderai che l’ha fatta l’altro…” e si fermò come folgorato da un’illuminazione Gaetano, arrossendo come un peperone.
“Eh… Hai capito anche tu, alla fine” gli sorrise Antonio. “Molte delle Ashton che abbiamo sempre incondizionatamente ammirato del periodo tayloriano, erano già fatte da Craig e, a questo punto, mi devi offrire la cena”.
“Al passo, al passo” intimò Gaetano che aveva avuto modo, in pochi secondi, di rimettere a posto le idee e trovare una via di fuga “al passo: concedo l’apporto di Craig; ma io m’affido alla certezza della cronologia”.
“Che cronologia?”
“L’unico punto inconfutabile, il giorno della morte di Taylor” disse guardandolo con aria di sfida.
Resse quello sguardo per qualche secondo Antonio, a valutarne la sfida che conteneva, per interpretarne la serietà o meno e, alla fine, con una punta di malcelato scontento, seppe dirgli solamente: “Ma vaffanculo!” e s’avvio a cena da solo.



II

Facendosi avvolgere dall’indifferenza dei passanti che lo incrociavano lungo le vie di Milano, rimuginava sulla conversazione appena avuta, più arrabbiato che deluso, urtando le persone che affollavano i marciapiedi e riempiendole d’improperi se queste, per semplice cortesia, provavano a scusarsi della sua disattenzione.
Fu al solito bar, per il solito aperitivo, prima di ogni cena.
“Dottor Magiari, il solito?” l’accolse con un sorriso il barista.
“Gato, quante volte ti devo dire che non sono dottore? Comunque non il solito, ho voglia di un gin and tonic, per piacere”.

Dopo i primi sorsi, prese a osservare la piazzetta su cui dava il bar attraverso il liquido del bicchiere e, sorso dopo sorso, bicchiere dopo bicchiere, quella caleidoscopica osservazione iniziò a trasfigurare i luoghi, le persone. Le palme da poco piantate anche nella sua città gli parvero circondate dalla sabbia, mentre gli altri alberi si andavano trasformando in ombrelloni; i passanti, con corpi abbronzati, sembravano dirigersi verso il bagnasciuga di un mare tropicale che si trovava proprio lì, in fondo alla piazzetta. Tra questi inaspettati bagnanti vide uno farglisi incontro, rosso in viso per l’alcol più che per il sole, con in testa un panama che gli invidiò subito tantissimo.
“How you doing, mate?” gli disse l’uomo, con un sorriso, quando gli fu vicino, sollevando il bicchiere di gin and tonic in segno di ‘salute’, mettendosi a sorseggiarlo.
“Io sto bene e tu? Ma che cazzo ci fai qui Jim?”
“Vengo sempre qui in vacanza” gli rispose in italiano Craig col più stupito dei sorrisi.
“Ti piace il mare di Milano?”
“Ho sempre amato i tropici”.
“Che combinazione” esclamò Antonio, ordinando altri due bicchieri “stavo pensando proprio a te”.
“Come mai?”
“Ma niente, pensavo di ordinarti una pipa” iniziò a dire Antonio, porgendo all’altro il bicchiere pieno, mentre questi finiva di vuotare il contenuto di quello che aveva in mano.
“Ma l’hai già ordinata” rispose Craig con una punta di divertito stupore.
“Quando?”
“Qualche settimana fa, ricordi facemmo una lunga chiacchierata in chat, eri particolarmente euforico, per così dire”, rise Jim.
“Già, già…” finse di ricordare Antonio prendendo a accarezzare il mento con i polpastrelli di pollice e indice, tentando con uno sforzo sovraumano di ricordare gli esatti termini di quella conversazione, per lui mai avvenuta.
“E ti ho chiesto una apple in finitura brindle?” si riscosse alla fine Antonio.
“No. Quella te l’avevo già fatta. Anzi da quella partisti per avere le stesse finiture su shape diversi”, precisò Jim.
Shape diversi? Quante pipe t’ho ordinato?”, sgranò gli occhi Antonio.
“Due” gli rispose sinceramente stupito l’artigiano.
“Ci sono! Ti ordinato due brindle con cumberland!”
“Quasi. Mi pareva di aver capito che volessi due Pebble Grain con bocchino in tactical cumberland verde oliva”.
“Verde oliva? Quello ce l’ho già”, si rabbuiò per un attimo Antonio.
“Boh? Che ne so?” fece spallucce Jim “Hai tanto insistito per il tactical cumberland verde oliva, dicevi che ti ricordava il mimetismo dei corazzati destinati a operare nelle piane e nelle foreste dell'Europa Centrale, ti ricordava le tue origini…”
“Ha senso, in effetti” dovette constatare il committente, del tutto immemore.
“Comunque, ho pensato di portartele personalmente, visto che venivo in vacanza qui” andò al sodo Jim, tirando fuori un pacchetto dalla bocca di un enorme pesce appena pescato che teneva sottobraccio, di cui Antonio si accorse solo in quel preciso momento.
“Enjoy your pipes!” si raccomando’ Jim tornando verso il bagnasciuga, dopo aver stretto la mano di Antonio.
“I will! Certo che me le godrò” gli rispose questi.



III

“Un altro gin and tonic, dotto’?” gli chiese il barista prendendo il bicchiere ormai vuoto.
Antonio, intorpidito dall’alcol e dalla conversazione immaginaria appena avuta si riscosse, facendo cenno di no con la testa e portando la mano alla tasca del rosso cappotto di casentino, per pagare il conto, si rese conto che questa conteneva ben altro, oltre al portafoglio.
Triò fuori un pacchetto ben sigillato, col suo indirizzo sopra. Iniziando ad aprirlo freneticamente, scoprì di essere il fortunato possessore di due Pebble Grain, sabbiate in modo spettacolare, commovente, esattamente dello shape che aveva ordinato o che aveva immaginato di ordinare sognando. La sua totale incapacità organizzativa, il disordine espositivo e il caso gli avevano regalato una sorpresa e un paio di pipe ancora più attraenti di quelle che aveva immaginato, nei suoi sogni o nella realtà, neppure lui lo sapeva più, né la cosa aveva la minima importanza in quel momento. L’unico pensiero lucido che in quel momento poté formulare fu che tra le menti meno organizzate del pianeta, oltre la sua, i pipemakers inglesi avevano indubbiamente un ruolo di rilievo. La combinazione dei due disordini era misteriosamente tra le sue mani in quel momento.

“Gato!” chiamò il barista impegnato con un altro cliente.
“Dica dotto’” accorse questi.
“Una bottiglia di gin”.
“Intera?”
“Intera certo, perché la volevi segare in due?”
“No… volevo dire: se la beve tutta?”
“Tu pensa a darmela, al resto ci penso io” tagliò corto Antonio, pagando e uscendo dal bar tenendo la bottiglia per il collo.

Non sapendo dove andare, ché l’appetito se l’era divorato l’alcol e la novità, alla fine si sedette sulla prima panchina che la nebbia autunnale di Milano avvolgeva interamente. Bevendo dalla bottiglia, di tanto in tanto, osservava prima una pipa, poi l’altra. Le annusava, volendo cogliere l’odore d’olio che ogni Ashton promette. Quando a un certo punto sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla sinistra.
“Senti Antonio” gli diceva la voce di Gaetano De Robertis “non ti puoi arrabbiare sempre in questo modo. So che sei irascibile ma, santa pazienza!, stavamo solo parlando. Sono due ore che ti cerco in giro per la città”.
“Ah, sei tu… Siediti ti voglio mostrare una cosa” rispose Antonio ormai pacificato.
Una volta che Gaetano gli fu accanto, Antonio mostrandogli le due pipe gli chiese:
“Che ne pensi di queste due Aston fatte da Craig?”
Sbalordito, Gaetano le prese in mano, iniziando a balbettare: “Queste le ha fatte Craig?”
“Sissignore”.
“Appunto” si gongolò soddisfatto Antonio.
“E quando gliele hai ordinate? Perché non me le hai fatte vedere in ufficio?” chiedeva l’amico, con gli occhi che si accendevano di bramosia, mentre lentamente si alzava in piedi.
“Eh, una lunga storia…” stava cominciando a dire Antonio, quando d’improvviso, come colto da un raptus, il collega aveva iniziato a correre, strillando: “Sono mie! Sono mie!”, inseguito da Antonio che tentava di prenderlo a bottigliate in testa.


martedì 18 novembre 2014

La pipa di Frastanite



La pipa di Frastanite

Milano, anno 2014
Calogero, dopo aver girato un paio di volte tra gli ampi cortili per trovare il numero del portellone corretto, prese finalmente dalle tasche la chiave che aveva trovato assieme alle indicazioni del garage. Nei giorni precedenti aveva maturato una certa curiosità per quello che avrebbe potuto trovare in quel magazzino nella periferia della città. Non era riuscito ad andarci prima perché era stato impegnato con tutte le altre pratiche più imminenti, relative all'eredità del padre appena defunto.
Quando entrò e lasciò che la vista si abituasse al buio dello stanzino, non poté fare a meno di sorridere realizzando che quel posto era stato destinato, dal suo vecchio, esclusivamente alla raccolta della sua enorme collezione di pipe. «Come se non ne avessi già trovate a sufficienza sparse per la casa»,  pensò Calogero.

Iniziò a curiosare tra gli scaffali, con una certa ironia. Nonostante avesse sempre disapprovato quel vizio del padre, unito al collezionismo maniacale, non poteva fare a meno di trovare un certo fascino in tutti quei piccoli pezzi di radica dalle forme più svariate.
Prese, dentro di se, ancora una volta un po' in giro il padre per quella ossessione di comprare centinaia di pipe, che nemmeno aveva il tempo di fumare. Diceva che ne era attratto esteticamente, lo "chiamavano". E quando Calogero gli faceva notare che molte parevano uguali tra loro, gli rispondeva: «mi piacciono le microvariazioni».
Finì per guardare dentro una scatola polverosa, riposta in una mensola più alta, dove c'erano alcune pipe, ognuna dentro la propria custodia rigida. Aprendone qualcuna, vide che erano di un colore bianco seppia, in un materiale diverso dalla solita radica.
Rimase colpito da una in particolare, la trovava vagamente inquietante. Il fornello aveva la forma di una testa composta da due mezzi volti. la metà raffigurava un uomo barbuto, che sembrava provenire da secoli addietro e l'altra metà un volto di donna, triste, angosciato, con incastonata una perla rossa nell'occhio.
Continuò a fissare questa perla, come rapito, quando una luce rossa invase improvvisamente il piccolo garage.

Regno di Tuskar, anno 1613
Emeliah, col volto parzialmente celato dal suo velo color ocra, spazzava il pavimento di casa.
Era un pomeriggio particolarmente torrido a Ismabul, ella compiva ritmicamente i suoi movimenti, ma i pensieri sembravano vagare altrove. Le sue esili braccia  mostravano dei lividi e lo sguardo- rivolto al laboratorio del suo uomo, Mercurium, al di la del cortile- era intriso di rabbia e disprezzo.

La vita di Emeliah era sempre stata colma di sofferenze, gran parte causate dalle figure maschili della sua vita. Il suo temperamento ribelle e orgoglioso male si adattava ad un mondo dove le donne parevano esistere solo per obbedire al volere degli uomini, veri dominatori dell'antico regno di Tuskar.
Il padre era un nobile della città di Eskasam, ad Est dell'impero, vicino alla capitale. Era la sua unica figlia, ed egli a modo suo l'amava. Ma era un uomo di indole lunatica ed iraconda e nel regno di Tuskar una donna doveva essere fiera di poter servire da valvola di sfogo occasionale di un uomo. Era segretamente dedito alle arti occulte, pratica severamente vietata dal sovrano, e non risparmiava ad Emeliah delle punizioni crudeli quando lei – da sempre curiosa e particolarmente sagace- osava ficcare il naso nei suoi laboratori.
A ventun anni, la diede in sposa a Tolloius, valoroso guerriero del sovrano, che la condivideva con altre tre mogli. Il suo temperamento troppo poco remissivo e indipendente non l'aveva mai resa simpatica alle altre tre consorti, che la tenevano quanto più distante possibile. Ma Emeliah invece di soffrire per questa emarginazione, sembrava riderci sopra beffarda e questo atteggiamento contribuiva ad indispettire ed inquietare le sue tre coinquiline.
Anche Tolloius non apprezzava certi tipi di atteggiamenti in una femmina, ma l'indipendenza di Emeliah era molto sottile, non esibita, ed Egli non aveva certo il tempo,ne l'attitudine, di scrutare a fondo  la personalità delle proprie mogli.
Le cose peggiorarono quando Franska, una di loro, giurò al valoroso guerriero di avere più volte scoperto Emeliah mentre praticava degli strani riti con amuleti e libricini. Tolloius, adirato, rovistò tra tutte le sue cose e alla fine trovò quello per cui era stata accusata. Andò su tutte le furie e al grido di "strega!" inizio a picchiarla selvaggiamente
Franska e le altre due spiavano impaurite la scena dalla porta socchiusa delle loro camere. L'inquitetudine si trasformò in orrore quando nello sguardo di Emeliah, mentre veniva picchiata, vi scorsero, tra le smorfie di dolore, un sorriso beffardo e crudele.
Da quel giorno, le tre mogli di Tolloius non rividero più Emeliah. Egli non ne parlò più e nessuna di loro tre osò chiedere qualcosa in merito.
Nessuno seppe come, ma Emeliah si ritrovò a Ismabul, una cittadina sul mare all'estremo Ovest del regno, lontana dalla capitale e dalla sua influenza, luoghi in cui ci finisce molta gente a cui non piace che vengano fatte loro domande.
Nonostante la sua forza e il suo orgoglio, era consapevole che in quelle terre una donna sola non aveva molte speranze di sopravvivere, così finì per farsi prendere come amante da Mercurium, un artigiano della città. Egli scolpiva pipe per fumare ed altri oggetti con un particolare materiale che egli stesso estraeva tra le insenature rocciose della costa: la Frastanite.
Oltre che artigiano e scultore, Mercurium era noto per essere un poco di buono. Si diceva che gestisse dei traffici di materie prime e pietre preziose rubate e viveva dunque piuttosto isolato tra la sua abitazione e il laboratorio oltre il cortile, dedicandosi - oltre che alle sue sculture- all'alcool, al fumo di pipa e agli altri affari più loschi. Ad Emiliah stava bene così. Dato i suoi trascorsi e le accuse di stregoneria, voleva stare più lontana possibile dalla gente e farsi notare poco.
Nonostante quello che aveva passato, Emeliah non aveva abbandonato l'interesse per le arti occulte, teneva ancora con se tutti i libriccini con appunti rubati al padre ed esperimenti fatti da lei stessa. Quando Mercurium era fuori casa, ella si intrufolava nel laboratorio e studiava i segreti e le potenzialità nascoste delle pietre e delle gemme con cui l'amante trafficava. Ma in particolare era attratta da quello strano materiale, la Frastanite. Era un minerale duttile, ma resistente, pareva essere immune dalle fiamme. Spiava Mercurium mentre fumava le sue pipe bianche. Col tempo, il colore immacolato iniziale,  si riempiva pian piano di segni sempre più scuri e ad Emeliah, pareva che quei disegni misteriosi rivelassero l'anima del suo fumatore.
Passava il tempo ed Emeliah affinava sempre di più le sue arti magiche. Quando andava nel laboratorio era sempre molto attenta a rimettere tutto com'era prima e sopratutto teneva d'occhio la strada per assicurarsi che il suo uomo non fosse di ritorno.
Una sera, dal laboratorio si udì un grido. era un grido di gioia, anche se metteva i brividi. Veniva da Emeliah, era forse riuscita in un incantesimo cui da tempo studiava e sperimentava senza successo. Tra le mani aveva una pipa che lei stessa aveva intagliato dal blocco di Frastanite, raffigurava una testa composta da due mezzi volti: quello del padre -primo uomo che ha odiato e archetipo di tutti gli altri- e quello suo. Nell'occhio del suo mezzo volto aveva conficcato una piccola pietra rossa che, chissà per quale arcana ragione, continuava a brillare.
Emeliah sentì aprirsi la porta alle sue spalle, il suo riso si tramutò in sgomento e un brivido le corse lungo la schiena. Presa dalla gioia del suo esperimento riuscito, non aveva udito Mercurium che tornava. Assieme a lui c'erano altri due uomini che la guardavano contrariati.
«Mercurium, è così che tieni cura delle nostre pietre preziose? Facendole maneggiare da questa donna?» disse uno di loro
«vi chiedo perdono, questa scellerata è la mia amante, si occupa del mio piacere e della cura della casa. Per dimostrare tutto il mio disappunto per questa offesa, le toglierò immediatamente la vita, io stesso».
Nell'udire queste parole e vedendo Mercurium estrarre il pugnale dalla fondina, Emeliah si irrigidì di terrore, ma fu solo un attimo, pensò a quello che aveva appena creato, strinse forte la pipa che aveva in mano e rise, mentre Mercurium con rabbia le tagliava la gola.
Una luce rossa improvvisamente illuminò il laboratorio e i volti stupiti dei tre uomini, fino a che venne risucchiata completamente dalla gemma incastonata nella pipa.

Milano, anno 2014
Calogero continuava a chiedersi per quale ragione si fosse messo a rovistare tra i cartoni per cercare  del tabacco. Non era mai stato un fumatore e in tutti gli anni di frequentazione delle pipe del padre, non gli era mai passato per la mente di provare ad accendersene una. Adesso, dopo aver rimirato per un po' quella strana pipa bianca coi due mezzi volti, gli era venuta improvvisamente voglia di provare a fumarla.
Trovò una busta verde a quadretti con uno stemma rosso come logo. «Questa andrà bene», pensò. L'aprì e ficco il tabacco dentro la pipa, stupito lui stesso per la naturalezza con cui compiva quel gesto mai fatto prima. Accese un fiammifero e finalmente imboccò la pipa avvicinando la fiamma al fornello.
Appena emise i primi sbuffi di fumo, la gemma rossa si illuminò. Calogero si sentì come bruciare dentro, cadde a terra divincolandosi senza capire cosa gli stesse succedendo.
Di colpo si calmò. La gemma rossa aveva smesso di splendere, si alzò da terra con un sorriso crudele e trionfante. « Ce l'ho fatta! La mia anima è ora nel corpo di un uomo! Non so quanto tempo è passato.» Emeliah, incarnatasi nel corpo di Calogero uscì dal portone metallico del garage e di fronte ai suoi occhi increduli, gli si rivelò una distesa grigia infinita. Asfalto e blocchi di cemento quadrati, tutti uguali, disposti uno accanto all'altro. Quello che vedeva era l'ampio cortine, coi garage a cui quella zona periferica era stata destinata.
«In che razza di epoca mi sono ritrovata...» «Ma non importa, quello che conta è che ora sono un uomo. Per tutta la vita ho subito l'ingiustizia di nascere donna e finalmente posso far parte della specie dei dominatori e fare quello che voglio!»
All'improvviso una figura femminile arrivò e si fermò di fronte ed Emeliah. Non capiva che razza di abiti indossasse, non ne aveva mai visti di simili. La donna continuava a guardarla e lei rimase per qualche istante in silenzio, senza sapere cosa dire, quando si ricordò che ora lei era un uomo e poteva fare quello che voleva.
Non fece però tempo a parlare che la donna la anticipò: «Calogero! Ma cosa stai facendo imbambolato davanti a quella porta? È tutto il giorno che ti aspetto! Dovevi venire a vedere se c'era qualcosa di valore in questo garage di tuo padre, vediamo che c'è qui dentro..»
«Ecco! Pipe pipe e ancora pipe, cosa speravi mai di trovare. Dai, adesso muoviti che devi passare a prendere i bambini a scuola e poi devi ritirare la mia macchina dal carrozziere.. e smettila di stare fermo li come uno scemo, andiamo!»

venerdì 6 giugno 2014

mercoledì 21 maggio 2014

Classifiche di Cagli

 Ecco le classifiche della Gara di Cagli

Per la seconda apparizione nel campionato italiano i "Totali Imbecilli con la Pipa" schieravano una formazione aggressiva e talentuosa, con due punte d'esperienza: Massimo Cola ed Emilia Orefice, il mediano esordiente Davide Barsotti e una difesa organizzata dall'aggressivo duo Calogero Rizzo e Simona Ciaccioli, alla prima prova nazionale.
Uno schema alla Nereo Rocco, che non puntava tanto allo spettacolo per lo spettacolo quanto al risultato
Risultato che è stato conseguito con un lusinghiero ottavo posto per club, davanti a titolatissimi Club Internazionali, che hanno dovuto arrendersi di fronte al duro catenaccio degli imbecilli che ha permesso al duo Orefice-Cola di giostrare in area con opportunismo classificandosi al 24° e 36° posto individuale (7° tra le donne la Orefice). Barsotti distribuiva gioco durante i 49'e10" del suo esordio. Mentre Rizzo e Ciaccioli, grintosi, chiudevano a contatto strettissimo al 47° e 48° posto. La Ciaccioli guadagnando perciò la ambitissima "Coppa Imbecille", assegnata al membro del Club capace di concludere la gara di lento fumo nel tempo più breve.

Arrivederci a settembre, per una appassionante terza prova



Classifica per club 


Classifica individuale


1
Gianfranco Ruscalla
Cerea Pipa Club
3:13:45
2
Toni Pascual
Barcellon
2:57:01
3
Mauro Cosmo
Fenice P.C.
2:56:15
4
Aldo Martini
Corsellini P.C.
2:51:50
5
Christian Dal Bò
Castello Conegliano
2:42:24
6
Luigi Gava
Castello Conegliano
2:42:13
7
Alessandro Corsellini
Corsellini P.C.
2:29:45
8
Franco Bonarini
Corsellini P.C.
2:28:11
9
Enzo Conia
Cerea Pipa Club
2:21:45
10
Sergio Sergi
Corsellini P.C.
2:07:55
11
Alberto Basciano
Castello Conegliano
2:07:18
12
Paolo Moccia
Cerea Pipa Club
2:05:00
13
Elda Cesco
Calumet
2:00:20
14
Pietro Cicognolo
Fenice P.C.
1:57:36
15
Luciana Pincin
Calumet
1:51:20
16
Elena Venturi
Legio Praetoria
1:50:20
17
Carlo Alessandrini
Legio Praetoria
1:47:30
18
Cinzia Cecconi
Legio Praetoria
1:46:56
19
Andrea Lamberti
Castello Conegliano
1:46:15
20
Giancarlo Fabbri
Corsellini P.C.
1:42:53
21
Luigino Bacchetto
Calumet
1:34:00
22
Vanda Pincin
Calumet
1:31:47
23
Valter Zavarise
Castello Conegliano
1:25:34
24
Massimo Cola
Totali Imbecilli
1:24:30

25
Angelo Avancini
Alto Garda P.C.
1:24:04
26
Marcello Salvi
Legio Praetoria
1:23:03
27
Giovanni Brovelli
Castello Conegliano
1:21:00
28
Davide Lazzarini
rimini
1:15:40
29
Lara Cinotti
Castello Conegliano
1:15:03
30
Luca Marchioni
Castello Conegliano
1:14:27
31
Giovanni Di Persio
Legio Praetoria
1:12:48
32
Mauro Di Domenico
Legio Praetoria
1:12:18
33
Giani Claudio
Rimini
1:10:50
34
Andrea Zuani
Alto Garda P.C.
1:09:04
35
Alberto Dal Bò
Castello Conegliano
1:07:58
36
Emilia Orefice
Totali Imbecilli
1:07:57

37
Grassi Paolo
indipendente
1:04:20
38
Ubaldo Bartolini
indipendente
1:01:50
39
Pasquale Cosma
Indipendente
1:01:45
40
Maria Cristina monterubbianesi
rimini
1:00:35
41
Davide Del Romano
indipendente
0:56:20
42
Luigi Gitto
indipendente
0:54:55
43
Alfredo Sottil
Castello Conegliano
0:54:25
44
Enrique Bernard
P.C. Madrid
0:50:06
45
Davide Barsotti
Totali Imbecilli
0:49:10

46
Tiziana Parma
rimini
0:47:30
47
Calogero Rizzo
Totali Imbecilli
0:47:23

48
Simona Ciaccioli
Totali Imbecilli
0:45:44

49
Piromalli Giacomo
indipendente
0:43:00
50
Alessandro Pompa
Indipendente
0:42:00
51
Paladini Roberto
indipendente
0:36:20
52
Ferdinando Cruciani
Cerea Pipa Club
0:31:15
53
Annalisa Lopin
Calumet
0:23:40


Classifica donne
 1
Elda Cesco
Calumet
2:00:20
2
Luciana Pincin
Calumet
1:51:20
3
Elena Venturi
Legio Praetoria
1:50:20
4
Cinzia Cecconi
Legio Praetoria
1:46:56
5
Vanda Pincin
Calumet
1:31:47
6
Lara Cinotti
Castello Conegliano
1:15:03
7
Emilia Orefice
Totali Imbecilli
1:07:57

8
Maria Cristina monterubbianesi
rimini
1:00:35
9
Tiziana Parma
rimini
0:47:30
10
Simona Ciaccioli
Totali Imbecilli
0:45:44

11
Annalisa Lopin
Calumet
0:23:40